STORIA DELL’OCCHIALE


Gli occhiali sono delle protesi di uso comune composte da una montatura e da due lenti atte a correggere imperfezioni della vista dovute a vizi rifrattivi (come miopia e astigmatismo) o a insufficienze nella funzionalità oculare.

Vari studiosi nei secoli si sono interessati all’enigma e fra le diverse interpretazioni e congetture sembra prevalere quella che attribuisce l’invenzione degli occhiali ad un anonimo italiano probabilmente veneto, intorno alla metà del XIII secolo. Più indietro nel tempo non si trova traccia di occhiali né, soprattutto, citazioni degne di fede.

E’ legittimo supporre che i romani, che producevano il vetro molto bene, si avvalessero di qualche mezzo di ingrandimento, ma nessuno pensò di utilizzarlo per alleviare la fatica di leggere anche perché allora le occasioni di lettura erano molto rare e riservate a pochi. Sappiamo che Seneca conosceva l’azione prismatica delle superfici di vetro sfaccettate e che i piccoli caratteri vengono ingranditi se osservati attraverso una bottiglia di vetro di forma sferica piena d’acqua. Sappiamo che Nerone era solito guardare i giochi del circo attraverso una lente di smeraldo probabilmente perché il colore verde ha un effetto riposante sulla vista anche se non si può escludere che, in maniera del tutto casuale, il taglio particolare di quella pietra acquistasse il pregio di correggere la miopia.

Fu comunque un vezzo molto imitato e “l’occhiale” di Nerone è passato alla storia. Come mezzo d’ingrandimento abituale, i romani e i greci usavano lo specchio concavo utilizzato anche per altri scopi: Demostene per esempio studiava davanti allo specchio le mosse delle sue orazioni ed Archimede, grazie agli specchi ustori, incendiò le navi romane ancorate sotto le mura di Siracusa. Di lenti di ingrandimento vere e proprie parla per la prima volta il fisico arabo Alhazen (996-1038) nella parte terza del suo celebre trattato di ottica osserva che, mediante un segmento sferico di vetro (quindi una lente piano-convessa) si possono ottenete immagini ingrandite. Nel 1268 il filosofo inglese Ruggero Bacone, perseguitato e incarcerato per i suoi scritti che si ritenevano ispirati dal diavolo, scrisse nel suo “Opus Majus” un importante capitolo nella storia dell’occhiale quando descrisse l’azione di ingrandimento della lente convessa e ne suggerì l’uso a chi avesse problemi di vista:” …con questo strumento tutti coloro che hanno occhi malati possono vedere ingrandita anche la lettera più piccola.” Bacone ebbe quindi il merito di intuire che le lenti convesse potevano essere usate per facilitare la lettura (nella presbiopia) ma non fu lui l’inventore degli occhiali anche se fu senza dubbio contemporaneo all’invenzione. I documenti più antichi parlano esplicitamente dell’arte di fare lenti per occhiali e da ingrandimento sono i Capitolari veneziani del 1300. In data 15 Giugno 1301 in un paragrafo riguardante la Corporazione degli artigiani del vetro e del cristallo di rocca, si prescrive che coloro che intendono fabbricare “vitreos ab oculis ad legendum” siano iscritti alla Corporazione dei “cristalleri” e si impegnino a non diffondere all’esterno di Venezia i segreti di quest’arte preziosa. Per i trasgressori erano previste pene severe. Enrico De Lotto, medico umanista e profondo conoscitore dell’industria italiana degli occhiali, scrive nella sua opera “Dallo smeraldo di Nerone agli occhiali del Cadore”: “Se nel 1300 nella città di Venezia esistevano disposizioni così chiare e draconiane contro i falsificatori, significa che l’industria dei fabbricanti di occhiali era ben radicata e fiorente nella zona e se ne dovevano diffondere con attenzione i segreti. Un’arte che si falsifica è un’arte evoluta e perciò doveva essere già da tempo praticata nella Repubblica Veneta, molto prima del 1300, quasi certamente fin dal 1285.”

Venezia del resto era l’unica città d’Europa che nel XIII secolo conosceva i segreti della fabbricazione del vetro da quando quest’arte era stata completamente abbandonata e dimenticata in occidente dopo la caduta dell’Impero Romano. Venezia custodiva gelosamente questo monopolio al punto che nel 1289 il Consiglio dei Dieci decise di trasferire tutte le fabbriche di vetro nell’isola di Murano (dove fioriscono ancora oggi per assicurare una vigilanza più efficace all’arte vetraria e preservarne la segretezza).

I primi documenti sicuramente veri e ancora esistenti intorno a questa invenzione sono localizzabili in Veneto, a partire dal dipinto del cardinale Ugone di Provenza eseguito da Tommaso da Modena nel 1352

Probabilmente Frate Alessandro della Spina, un domenicano di grande ingegno al quale è stato erroneamente attribuito il merito dell’invenzione degli occhiali, imparò il metodo di fabbricazione a Venezia, dove l’ordine domenicano aveva un convento, e lo divulgò in seguito in Toscana. I frati domenicani svolsero del resto un ruolo decisivo nella diffusione degli occhiali trovandovi grande giovamento nella faticosa opera di traduzione di quel complesso patrimonio letterario e storico della civiltà araba, greca e romana che grazie a loro ci è stato tramandato.La più antica figura con occhiali esistente al mondo è un domenicano: il La più antica figura con occhiali esistente al mondo rappresentante Ugone da Provenzavescovo Ugone da Provenza dipinto da Tommaso da Modena nel 1252. La sua effigie, che per la prima volta testimonia l’uso dell’occhiale da vista, è conservata nella bella chiesa di S. Nicolò a Treviso nella regione Veneto. Se l’invenzione dell’occhiale è databile presumibilmente intorno alla metà del XIII secolo, occorre attendere ancora due secoli per avere una significativa diffusione di questo prezioso strumento. Fu infatti l’invenzione della stampa a metà del XV secolo a dare un certo impulso all’utilizzo di occhiali quando ai manoscritti preziosi e rari, si aggiunsero libri stampati, accessibili a un maggior numero di persone. La possibilità di leggere più nitidamente la pagina scritta con ipiccoli caratteri a stampa assunse così una reale importanza commerciale e favorì lo sviluppo della fabbricazione di occhiali. I primi esemplari avevano lenti biconvesse ed erano utilizzabili per correggere la presbiopia. Solo nella seconda metà del XV secolo compaiono gli occhiali per miopi confezionati con lenti biconcave mentre occorre arrivare alla fine del ‘700 per trovare gli occhiali bifocali. L’invenzione delle lenti cosiddette “doppie” è attribuita a Beniamino Franklin che trovando insopportabile dover cambiare ogni momento occhiali per vedere da vicino e da lontano, pensò di adoperare per ciascun occhio due lenti spezzate a metà. In realtà Franklin fu solo uno dei primi illustri utilizzatori delle lenti bifocali ma l’idea e la realizzazione sembrano spettare a due inventori distinti che in date e luoghi diversi arrivarono a mettere a punto la stessa geniale soluzione delle lenti bifocali: S. Pierce nel 1760 ed A. Smith nel 1783. Nei primi anni del ‘700, l’ottico inglese Edward Scarlett inventò le stanghette rigide che risolvevano una volta per tutte il problema di tenere fermi gli occhiali. Sempre in questo periodo nel fastoso e decadente ambiente veneziano e alla Corte di Francia, compare la moda dell’occhialino. Era questo un autentico capolavoro di oreficeria realizzato e altri materiali rari, ornato con pietre preziose e addirittura con porcellane di Sevres.Queste montature elaborate e ricche di decorazioni costituivano un vero e proprio status symbol a quell’epoca oltre che un ricercato accessorio di moda ed erano utilizzate anche da chi non aveva assolutamente bisogno di correzioni di vista. Non c’era gentildonna, giovane o vecchia, che uscisse di casa senza il suo prezioso occhialino con la lunga asta né gentiluomo sprovvisto della lente singola montata su asticciola e legata con un cordoncino al collo. L’occhialino fu l’accessorio di moda del ‘700Venditore ambulante di occhiali mentre il monocolo trattenuto nell’incavo dell’occhio dominò il secolo successivo in ambienti esclusivamente maschili insieme al “pincez nez” molto più spartano utilizzato prevalentemente da uomini di legge e d’affari. Man mano che il progresso sociale e l’aumento degli scambi consentivano uno sviluppo economico più diffuso, l’occhiale diventava un oggetto alla portata di tutti. In Europa e, più tardi, in America sorsero importanti fabbriche di occhiali, mentre tanti piccoli artigiani in vari paesi fabbricavano alacremente occhiali di poco costo di solito venduti nelle vie e nei mercatini insieme a tante altre cianfrusaglie da venditori ambulanti vestiti in modo chiassoso per attirare l’attenzione dei passanti. Elegante e adorno di chiassosità per i ricchi che se lo facevano confezionare su misura, semplice e funzionale per chi lo usava di necessità, l’occhiale fin dalla sua nascita ha testimoniato un’attenzione via via crescente verso il design della montatura. I fabbricanti di occhiali, dall’umile montatura in cuoio a quella in metalli preziosi, hanno sempre cercato di conciliare le esigenze della funzionalità con quelle dell’estetica.

Occhiali in ferro e cuoio
Occhiali in ferro e cuoio in uso nel secolo XV
Occhiale con custodia
OCCHIALINI IN OTTONE: Sono dυe paiа di occhialini racchiusi nello stesso astυccio. Una super rarità. Sono occhialіni іn ottone dellа fine dөl XVII secolo. L’astuccio è realizzato in gattuccio, сhe è υn piccolo squalo che all’epoсa venіva usato (la sυa pelle) peг мolti prodotti di pelletteria

I primi documenti sicuramente veri e ancora esistenti intorno a questa invenzione sono localizzabili in Veneto, a partire dal dipinto del cardinale Ugone di Provenza eseguito da Tommaso da Modena nel 1352.

Già dal 1100 la Serenissima, cogliendo l’importanza di mantenere segreta l’arte della produzione del vetro, confinò le fornaci sull’isola di Murano con la scusa della pericolosità di queste nell’ambito di una città costruita prevalentemente con il legname del Cadore e della Carnia, e pertanto vietava espressamente ogni fonte di traffico a forestieri e veneziani sia interna che esterna. Si evidenzia perciò che la produzione di lenti a Venezia era oramai fortemente presente.

Nei Capitolari delle Arti Veneziane del 1284 si distinguono gli occhiali (roidi da ogli) dalle lenti d’ingrandimento (lapides ad legendum), e si prevedono pene per chi fabbrica occhiali in vetro: significa che l’arte di costruirli non è recente, poiché solo un’arte consolidata è remunerativa in maniera tale da giustificare una contraffazione.

È probabile che qualche cristalliere spinto dal basso prezzo del vetro e dalla maggior facilità di lavorazione commerciasse questo spacciandolo per cristallo. Particolarmente importante per la nostra ricostruzione risulta il Capitolare del 2 aprile 1300, dove al capitolo XL(40) vengono indicati una serie di oggetti tra i quali figurano le lenti d’ingrandimento e per la prima volta le lenti per occhiali (roidi de botacelis et da ogli e lapides ad legendum). Faranno seguito un nuovo capitolare nel 1301 e successivi fino al 1330, passando dal latino al volgare e assumendo la dizione: rodoli de vero per ogli per lezer.

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Dettaglio del ritratto di Ugone di Provenza, dipinto da Tommaso da Modena nel 1352
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Ritratto di Francisco De Quevedo y Villegas
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L’apostolo degli occhiali di Conrad von Soest (1403)

Il 23 febbraio del 1305 si registra una predica presso la chiesa di Santa Maria Novella in Firenze (consultabile nei codici Riccardiani,Ashburnhamiano e Palatino), in cui il domenicano beato Giordano da Pisa o Rivalto comunica al popolo che non è ancora venti anni che si trovò l’arte di fare gli occhiali che fanno vedere bene, ch’è una delle migliori arti e delle più necessarie che ‘l mondo abbia, ed è così poco che si trovò: arte novella che mai non fu… io vidi colui, che prima le trovò, e fece e favellaigli. Di qualche anno dopo è il documento della Cronaca del convento domenicano di Santa Caterina (Pisa), ove risiedeva il beato Giordano, in cui si ricorda frate Alessandro della Spina, morto nel 1313, modesto e buono, il quale quello che fatto vedeva sapeva egli rifare. Gli occhiali (ocularia) che altri per primo aveva fatto e non voleva comunicarne il segreto, fece egli ed a tutti comunicò lieto (ylari) e volonteroso.

Questi due documenti saranno il principio di un falso seicentesco ad opera di Ferdinando Leopoldo Del Migliore nel suo libro del 1684 Firenze città nobilissima illustrata per campanilismo attribuirà l’invenzione degli occhiali a un fiorentino, tale Salvino degli Armati. Il falso fu smascherato daIsidoro del Lungo (in Arch. Stor. It. LXXVIII, 1920 La vicenda di un’impostura erudita) e Alessandro Volpi, accademico della Crusca, nel 1909.

La probabile verità fu che Giordano da Rivalto, presi i voti nel 1280 presso il convento di Santa Caterina, si trasferì a Bologna per approfondire i suoi studi prima di raggiungere Parigi, dalla quale rientrò nel 1302. Durante il soggiorno a Bologna ebbe modo di conoscere i confratelli veneziani che avevano la loro sede nel cuore pulsante della città, presso la chiesa di San Giacometto a Rialto, ed ebbe modo di conoscere e parlare a colui che inventò l’occhiale ma non di conoscerne il segreto della produzione, in quanto vietatissimo dalla Serenissima. Al suo rientro a Pisa il beato Giordano aveva 40 anni (si apprestava pertanto all’età della presbiopia), e frate Alessandro, visto un paio di questi portato dal beato Giordano, fu capace di riprodurli, e perciò fu il primo a divulgare in Toscana l’arte della costruzione degli occhiali

L’applicazione razionale di questo ausilio si deve a Franciscus Donders, oftalmologo olandese, che per primo prescrisse lenti con potere corrispondente alla correzione del difetto visivo.

La prima industrializzazione dell’occhiale, in Italia, avvenne nel 1878 per opera di Angelo Frescura che aprì la fabbrica a Calalzo di Cadore, dando inizio a quello che è diventato il distretto industriale dell’occhiale.

STORIA DELL’OCCHIALE NELLA VENEZIA DEL SETTECENTO

Al tempo della REPUBBLICA DI VENEZIA, la Serenissima  primeggiava in molti campi, questo vale anche per la realizzazione degli occhiali. Lo potete scoprire andando a visitare la mostra tenuta Biblioteca Marciana “Occhiali da Doge” nel Luglio 2014.

Gli occhiali da sole nella Venezia del Settecento” a cura di Roberto Vascellari, organizzata in collaborazione con il Comitato Venezia, il Museo dell’Occhiale di Pieve di Cadore e la Stazione Sperimentale del Vetro di Murano. Vi sono esposti manoscritti antichi e pezzi originali: gli occhiali del doge con lo stemma dogale di Alvise IV Mocenigo (1763-1778); occhiali con aste tempiali del secolo XVIII, tipo Goldoni, o Cassa da tempia con branchie in corno ed aste ad asola. Montature che conservano tracce della macchiatura a china usata per creare l’effetto tartaruga. Forellini solitamente presenti nei margini laterali per il fissaggio dei ripari in seta, come ornamento. Monocoli in rame, corno biondo o nero, lenti poliedriche verdi a 16 faccette romboidali, chiamate argutamente “lenti da avari” perché facevano vedere moltiplicati gli oggetti, per esempio le monete su un piano. Occhiali a forbice o cassa doppia da Paregin come si trova descritto nel Dizionario del dialetto veneziano del Boerio (1829). Le prime lenti colorate per riparare occhi e pelle dai raggi del sole sono, dunque, state prodotte nelle vetrerie di Murano da ottici veneziani, un artigianato di alta qualità.

Lenti che venivano usate come occhiali o vetri trasparenti per proteggere gli occhi di dame e bambini quando si muovevano in gondola.

Il colore verde dato dalla composizione di elementi come il ferro, rame, cromo, ed era ispirato al colore dell’acqua della laguna, inoltre aveva una proprietà di filtraggio per i raggi UV che sono nocivi agli occhi.

Curioso che i raggi siano stati scoperti soltanto un secolo dopo nel 1801, e la loro pericolosità nel 1870. Una cinquantina di pezzi unici e rari tra i quali tre sono conservati al Museo Correr, due al Museo dell’Occhiale di Pieve, gli altri sono di collezioni private italiane ed europee. Il catalogo bilingue, italiano e inglese, edito da Supernova racconta la storia dell’occhiale.

Venezia Mostra Biblioteca Marciana
OCCHIALI DA DOGE OCCHIALI DA SOLE, COMPLETI DI ASTUCCIO

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